È l’emozione del silenzio. Se ne parla mal volentieri, come se fosse sbagliato provarla. Arriva e subito vogliamo che se ne vada. Ma c’è anche chi ci sta quasi bene insieme. La tristezza è un’emozione spesso scomoda. Tuttavia può diventare quasi dolce, quando ha il sapore della malinconia.

Lei, come le altre emozioni, arriva e deve fare il suo corso, ha qualcosa da dirci e noi allora possiamo ascoltare e chiederci quale sia la sua funzione. La tristezza è un’emozione di base, è fondamentale viverla e ha la funzione di regolare gli stati di attivazione psicofisica eccessiva, come quelli indotti dall’intensità della rabbia disregolata.

Ma in che modo la tristezza è utile ed evolutiva?

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Quando la percezione della perdita o dell’abbandono è evidente arriva la tristezza e noi ci sentiamo spenti. Il nostro sistema va in ipoattivazione: si riducono i livelli di serotonina, un ormone essenziale per il nostro benessere psicofisico, i muscoli iniziano a diventare pesanti, percepiamo fatica, voglia di ritirarci, di piangere, di lasciarci andare, ci sentiamo spinti a dormire. La tristezza è un’emozione che richiama qualcosa di lento, di adagio.

psicorubricaQuando arriva la tristezza e se ne rimane un po’ con noi può sembrare tutto molto difficile. È allora che possiamo cogliere l’occasione di diventare più intimi con noi stessi, approfondire l’esplorazione interiore, ascoltarci e magari porci qualche domanda.
Come mai è insorta questa emozione? Quali sono le ragioni della tristezza? Qual è la sua funzione evolutiva? E anche, Dove la sento nel corpo? Come si manifesta? Ci sono altre emozioni che la accompagnano? Che pensieri sono legati a questa emozione?

In altre parole possiamo iniziare a esplorare come ci sentiamo e così facendo iniziamo a capirci un po’ di più. Impariamo a stare più in intimità con noi stessi e in ascolto dei nostri vissuti interiori. Iniziamo a conoscerci meglio e possiamo essere spinti a prenderci cura di noi e a darci quel conforto che la tristezza ci chiede. Possiamo praticare attraverso la Mindfulness, che mediante l’attenzione consapevole al respiro porta nel cuore, e intendo proprio il cuore fisico come organo, conforto e calma.

Darci conforto e riattivare il nostro sistema verso uno stato di maggiore espressività e interazione diventa quello che ci permette di uscire dalla stagnazione della tristezza e tornare a essere vitali e partecipi della nostra vita. Ma ci vuole tempo, e allora portiamo pazienza, come si dice nel senso comune.

Ma attenzione a non farsi sopraffare!

Portare pazienza va bene, ma fino a un certo punto. Infatti dobbiamo fare attenzione e non lasciare che la tristezza diventi stagnante. È qui che possiamo inserire nelle nostre giornate delle pratiche corporee che ci facilitino nel ristabilire il naturale livello di serotonina e ossitocina, due ormoni che ci fanno stare bene.

psicorubricaTrucchi per alleviare la tristezza

Come? Possiamo fare qualcosa di attivo, usiamo il movimento e la comunicazione per alleviare la tristezza. Andiamo a camminare, a correre, stiamo all’aria aperta, nuotiamo, accarezziamo un animale, prendiamo un caffè con un amica, con un amico. Ma non abbiamo ancora finito con questa emozione.

Un ulteriore passo lo possiamo fare anche comprendendo quali sfumature ha la nostra tristezza. Quando diciamo tristezza diciamo molte cose: delusione, afflizione, insicurezza, solitudine, infelicità, insoddisfazione, alienazione, angoscia, disperazione, rifiuto.
Allora possiamo provare a essere più precisi e imparare che raffinare il nostro linguaggio è uscire dall’alessitimia, cioè da quel non avere parole per le nostre emozioni. Perché quando non abbiamo parole non possiamo comunicare e rimaniamo isolati.

psicorubricaComprendere e dare un nome alle sfumature della tristezza è mettere le cose in ordine dentro di noi e anche favorire la condivisione sociale, rafforzando così il nostro senso di appartenenza a un gruppo. È allora, quando riusciamo a portare fuori quello che abbiamo dentro, quando diventa possibile esprimersi, ma non obbligatorio farlo, che diventiamo più padroni di noi stessi.

ENOJOY THE SILENCE!

E allora mi vengono in mente i Depeche Mode, che mi sono molto cari, e facendo loro un omaggio possiamo dire che diventa anche possibile goderci il silenzio. Ci stiamo vicini, ma non siamo isolati. Sappiamo che possiamo aprire le porte, uscire di casa e andare, di nuovo, incontro alla nostra esperienza.

Giada PeriniGiada Perini è psicologa, laureata in Psicologia Clinica e riabilitazione e in Filosofia, psicoterapeuta in formazione presso la Scuola di specializzazione Cognitivo-Evoluzionista (ecco come l’abbiamo conosciuta!). A lei abbiamo chiesto di tenere una psicorubrica su Emozioni e Relazioni

Se avete domande, spunti di riflessione, curiosità per la nostra Psicorubrica scrivete a: redazione@badali.news