Sarà stata colpa delle fiabe che ci raccontavano da piccole, da piccoli?

Abbiamo creduto, magari non tutti, non tutte, ma in molti sì, che l’inizio di una relazione fosse la fine dei problemi.  Come nelle favole, e vissero felici e contenti. Ne siamo proprio sicuri, sicure?

psicorubricaLe fiabe, almeno quelle che sono nell’immaginario più comune e collettivo, sono romantiche. L’amore non è romantico. Il romanticismo nasce dall’amore, ma è un’altra questione. Questo non significa togliere la poesia. La poesia dell’amore è nell’intimità, nella vicinanza e nella condivisione dei corpi e dell’interiorità, del nostro Sé più essenziale e prezioso.

Solo se c’è uno spazio di intimità, solo se riusciamo a non evitare di essere intimi, prima con noi stessi e poi con il nostro partner allora possiamo accedere a quella vicinanza di cui una certa poesia sa parlare.

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Questa premessa ci serve per arrivare al cuore della questione: una relazione intima è una relazione di vicinanza e condivisione.

Ma cosa succede quando una relazione finisce?

psicorubricaQuando vicinanza e condivisione vengono meno perdiamo intimità, il che significa che perdiamo la capacità di narrarci delle storie che parlano di noi e soprattutto perdiamo la possibilità di condividerle quelle storie. Allora forse possiamo dire che quando una relazione finisce, finisce la narrazione di una storia condivisa.

Le storie, quelle dove si condivide uno spazio di intimità con un’altra persona, sono fatte di gesti, di corpi, di baci, di parole e sguardi. Sono fatte di un terreno comune, un terreno che ha le sue radici in un passato che costituisce un motivo per dirsi ancora qualcosa nel presente e per avere una speranza e un’intenzione, anche quella condivisa, di un futuro dove ancora avremmo qualcosa da raccontarci.

Quando perdiamo l’intimità, quando questo spazio viene minacciato, arriva una ferita. Qualcosa si è rotto e noi, di solito non insieme e con tempi che non vanno di pari passo, cerchiamo di ripararle le relazioni. Riparare qualcosa che si è rotto è qualcosa che si può fare, certe volte serve, certe altre no. E delle volte ne escono delle meraviglie, come ci insegna l’arte giapponese del Kinsugi.

psicorubricaCosì quando un vaso si rompe, gli artigiani giapponesi lo rimettono insieme, assemblano i pezzi usando dell’oro. Questo serve non solo a renderlo bello, ma a mostrare le rotture, a mostrare le ferite. Sì, perché le ferite portano con sé una storia e allora non le dobbiamo nascondere, piuttosto possiamo mostrare che abbiamo dato, dopo un lavoro raffinato (quello degli artigiani e magari quello della psicoterapia) una nuova rappresentazione di noi: adesso abbiamo una nuova narrazione della nostra storia. Ma questo non significa che allora la relazione che si è rotta debba continuare. A continuare siamo noi.

Allora ci potremmo chiedere, come ho fatto ad allontanarmi dall’intimità? Come abbiamo fatto come coppia ad allontanarci dalla condivisione? Che cosa è successo?

Chiederci questo ci sposta dal voler trovare subito una soluzione ed evitare il dolore della ferita e ci invita invece a stare in quel dolore. Non per soffrire, un conto è sentire il dolore, come si dice nella Mindfulness, “senti la prima freccia, la prima freccia è la freccia del dolore”.

Sì perché c’è poi una seconda freccia, quella della sofferenza, che viene dal rimuginare su qualcosa che è già accaduto, la prima freccia.

Allora, portando tutta la nostra attenzione al dolore possiamo sentire come è fatto questo dolore, come è fisicamente, come lo sentiamo nel corpo, possiamo dargli una forma e un colore. Possiamo esplorare, sempre stando in quel dolore se è un dolore da isolamento, da solitudine (che sono due cose diverse). E questo vale anche se siamo stati noi a portare a galla quella rottura.

Questo ci aiuta a smettere di lottare contro quel dolore e ci aiuta a trasformarlo. Lo trasforma fisicamente e interiormente, mentalmente, anche grazie alla nostra capacità di riflettere, di mentalizzare, ossia di  imparare a capire che cosa nel nostro modo di funzionare, nel nostro modo di essere ci porta a ripetere gli stessi errori. A cambiare siamo noi, cambia il nostro stato mentale, che è fatto di sensazioni percepite, di emozioni, di pensieri e di quello che noi pensiamo di tutto ciò.

Quando una relazione si rompe spesso cadiamo in due ruoli convenzionali, la vittima e il carnefice. Forse possiamo anche qui uscire da una narrazione fin troppo scontata e comprendere il nostro dolore, accoglierlo e non giudicarlo. E magari, dopo, possiamo assumere la responsabilità dei nostri gesti. Di quei gesti che ci hanno portati lontani da quello spazio di intimità che è sacrosanto, che è parte del nostro essere umani.

psicorubricaQuesta volta chiudiamo con dei consigli di lettura, una specie di romanzo e delle poesie.

Alain de Botton, Il Corso dell’amore (dove si spiega che vuol dire che l’amore non è romantico)

Franco Arminio, Studi sull’amore (dove si parla di amore in tanti modi, di sguardi, di corpi e di parole)

Giada PeriniGiada Perini è psicologa, laureata in Psicologia Clinica e riabilitazione e in Filosofia, psicoterapeuta in formazione presso la Scuola di specializzazione Cognitivo-Evoluzionista (ecco come l’abbiamo conosciuta!). A lei abbiamo chiesto di tenere una psicorubrica su Emozioni e Relazioni

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