Marco e Jarno Polastri
Marco e Jarno Polastri sul podio a Valencia

Due fratelli, la stessa identica passione. Diventata una scelta di vita. Una bellissima avventura che domenica scorsa, a Valencia, li ha portanti entrambi sul podio. Jarno e Marco Polastri, i due rosignanesi del Motogp. Quattordici anni di differenza, l’amore per le moto trasmesso da babbo Giulio. “Era commerciante di frutta e verdura, faceva tutt’altro. Ma non a caso ha deciso di chiamarmi così dopo la morte di Jarno Saarinen, nel 1973, a Monza”. Nel nome c’è tutto.

“Ero l’incubo dei vigili urbani e dei carabinieri di Rosignano, lo ammetto. Non c’era internet, e nemmeno i cellulari. Ci si trovava al bar e il passatempo era far vedere che si andava più forte degli altri”. La svolta arriva presto: “A 14 anni sono andato via di casa per studiare alla Scuola della Ferrari a Modena”. E da lì è cambiato tutto. Ora vive a Valencia, ha una bambina di 3 anni, e fa parte del team Ducati Pramac. Marco invece abita a Ravenna, vicino alla fabbrica della Ducati. Lui è nel team ufficiale. Sono gli ‘uomini dei motori’, e domenica si sono abbracciati dopo una gara da brividi. Un secondo posto per Jorge Martin (e per Jarno) e il terzo per Marco e il suo pilota Jack Miller. Un trionfo (un podio completamente Ducati) che si è mescolato all’emozione per l’addio al grande Valentino Rossi. “Sono cresciuto con il suo mito e lavorare nello stesso ambiente è la cosa più bella che c’è” dice Marco. “Io e Valentino siamo molto amici” conferma Jarno, classe 1976. Una storia, la loro, che è motivo di orgoglio non solo per la famiglia.

Jarno Polastri
Jarno e il mito Valentino Rossi

non e’ un lavoro, e’ uno stile di vita

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“Dopo le medie – racconta Jarno – sono andato a Modena. Studiavo e correvo in moto, ho provato anche un po’ di università ma non faceva per me. Una ditta di Bologna che si occupava di ammortizzatori per le moto mi prese, avevo 19 anni, e da lì mi videro in Aprilia. Sono entrato nel moto mondiale e sono ancora qui. Non è un lavoro, è uno stile di vita, lo ripeto spesso. Io vivo per le moto. Non ci sono orari, non so più quante tante notti non ho dormito per finire un lavoro. E poi c’è lo stress, tanti mollano dopo poche stagioni. Ma le emozioni ripagano di tutto. Domenica scorsa, per esempio, l’ultima. Per la prima volta sul podio”. E già si lavora per il 2022: “Dopo Valencia ci siamo messi in viaggio: ora sono a Jerez, in Andalusia, proviamo le moto sul circuito”.

Marco Polastri
Marco Polastri, 2019 sul tracciato di Phillip Island

Marco ha 32 anni. Quando Jarno ha lasciato casa, lui nasceva. Ma il dna non mente: prima le ‘trasferte’ con il babbo per vedere il mondiale e seguire il fratello. I passaggi ai box. Poi la confessione: “Piacerebbe anche a me”. Jarno si limita a metterlo in guardia, senza pressarlo. “Frequentavo l’Iti a Rosignano ma iniziai anche a lavorare con mio fratello, stavano cercando ragazzi per un’altra squadra campionato minore. Ero pronto”. Studio e lavoro, insieme, ricorda Marco. Una bella fatica. “Ma aveva il carattere giusto e sapeva muovere le mani” ammette a distanza di anni Jarno. E adesso? Il destino incrociato dei due fratelli Polastri prosegue ancora. Babbo Giulio, in pensione, cerca di seguirli passo passo insieme a mamma Stefania, accontentandosi spesso di una videochiamata. Ma due figli così non sono da tutti. Marco lo dice chiaramente: “Mi sento fortunato. E’ vero, la mia, la nostra è una vita nomade, d sacrificio, ma è quello che abbiamo sempre desiderato. Se ho ancora un sogno da realizzare? Mi sembra ovvio: vincere il mondiale”.