L’insegna del locale alle porte di Bibbona lo dice chiaramente “Il macellaio d’accordo con i vegetariani”. Fa quasi ridere vero? “Ma non è una provocazione! Io con i vegetariani vado d’accordo davvero”. Alessandro Ciacci ci accoglie nella sua macelleria, “La ciccia del Ciacci”, che “non è una ristomacelleria, ma una vera macelleria che fa anche degustazioni e si trasforma in un piccolo ristorante la sera a cena e la domenica a pranzo”. Tra prosciutti e fegatini ci racconta la filosofia che sta dietro la sua “ciccia”.

la ciccia del ciacciDa sempre nel settore della macelleria, Alessandro Ciacci ha lavorato per anni come consulente per ristoranti, da I’Ciocio a Suvereto a Il Sale di Poggio ai Santi a San Vincenzo. Poi la scorsa estate l’idea di aprire un locale, una macelleria prima di tutto, che rispecchiasse l’idea di valorizzazione di prodotti del territorio e di sostenibilità che ha sempre portato avanti. “A Bibbona perché è il comune più storico, e perché sono stato accolto a braccia aperte da tutti. Poi anche perchè quando ho visto questo fondo ho capito subito che era perfetto”. Le volte a mattoni e una sorta di grotta scavata nella pietra, “era una tomba etrusca”, che accoglie i pochi tavolini del ristorante in un’atmosfera suggestiva. L’apertura il 1 agosto, “e da quel giorno non ci siamo più fermati”.

la ciccia del ciacciPanini con il lampredotto, trippa, sempre rigorosamente in bianco, senza pomodoro, “perché queste sono ricette precolombiane e il pomodoro non c’era”, porchetta, peposo, la rosticciana del carbonaio. “Sono tutte ricette del quinto quarto riprese dalla tradizione, con origini quasi sempre medievali. La rosticciana del carbonaio per esempio risale a quando i carbonai della zona la mattina uscendo preparavano una catasta, accendevano il fuoco sotto un paiolo con acqua, ciccia, fagioli, funghi se capitava, odori. La lasciavano lì a cuocere e andavano a fare la carbonaia, e al ritorno, dopo una giornata di lavoro, era pronta e la mangiavano”. Poi gli affettati, “quelli li facciamo tutti qui, arrivano da un allevamento di maiali a Casale e sono prosciutti d’altri tempi”.

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A vedere il Ciacci lì in mezzo ai tagli di carne, a decantare la qualità di prosciutti e manzi, torna in mente l’insegna, “il macellaio che va d’accordo con i vegetariani”. Ma com’è possibile?

Sono un macellaio atipico. La carne va mangiata 1, 2, 3 volte al mese ma che sia buona.

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“E per buona intendo che deve essere sana e arrivare da allevamenti che rispettano il benessere animale e i suoi tempi di crescita, senza forzarli. La sostenibilità è fondamentale e parte da lì”. E gli amici vegetariani lì ha davvero, racconta. Che in realtà vegetariani adesso non lo sono più. “Li conobbi dieci anni fa. Erano un gruppo molto appassionato e critico di tutto il sistema che ruota intorno alla produzione di carne. E giustamente, dico io. Gli allevamenti intensivi utilizzano procedimenti, medicinali e alimenti che vanno a compromettere anche il sapore del prodotto finale, oltre ad essere dannosi per la salute. Invece un giusto trattamento dell’animale, quindi un allevamento brado, il rispetto dei tempi, il non utilizzo di antibiotici o acceleratori di crescita, alla fine porta qualità al consumatore. Quando mi spiegarono la loro scelta etica io dissi che ero d’accordo, assolutamente. Se non facciamo qualche passo indietro, non si va da nessuna parte. Serve equilibrio, ripartire dalla terra e cambiare pure le logiche di investimento perché la carne che arriva da un allevamento di questo tipo non può costare quanto quella della multinazionale: sostenibilità deve essere anche sostenibilità economica di chi alleva”.

Ma alla fine ai vegetariani ha fatto cambiare idea? “Ora mangiano tutti carne, poca e selezionata ma la mangiano”. E dal Ciacci, manco a dirlo.