Ci sono tanti tipi di famiglie. Ci sono famiglie con mamma, papà e figli, ci sono famiglie con due mamme, con due papà, ci sono famiglie che stanno insieme tutta la vita e famiglie che si separano ma non spariscono. Ci sono anche quelle che spariscono.

Ci sono famiglie troppo strette e famiglie troppo larghe, come scrive la psicoterapeuta Ameya Canovi in Di Troppa o poca famiglia. Quando sono troppo strette, e noi siamo dei bambini piccoli, ci si può sentire molto protetti e confortati, ma l’esplorazione è inibita, quello che è fuori ci spaventa o sembra non interessarci. Quando sono troppo larghe non si creano quei legami che ci fanno sentire amati e protetti e sembra che non siamo così importanti da meritare l’attenzione dei genitori e allora si può reagire sminuendo l’affettività, come se fosse una cosa di cui non abbiamo così bisogno. Come se, appunto.

I nuovi equilibri che si devono trovare dopo una separazione, nel rapporto tra i genitori e con i figli, sono uno degli argomenti più sentito: e lo dimostrano i ‘clic’ sugli articoli dedicati in questa nostra Psicorubrica, e le mail delle lettrici che chiedono consigli.

psicorubricaProviamo a guardare la famiglia dagli occhi dei figli. Winnicot, psichiatra, psicanalista e pediatra di inizio Novecento, parlava di una mamma “sufficientemente buona”, noi proviamo a estendere il concetto a una famiglia sufficiente buona.

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Quando è che si può parlare di una famiglia che funziona bene e che quindi è sufficientemente buona? 

psicorubricaQuando la famiglia è un luogo sicuro, quando è un luogo dove ci si sente rispettati, quando è uno spazio ricco di amorevolezza e gentilezza, quando posso sentirmi dire di no senza sentirmi rifiutato o umiliato.

Ma proviamo a entrare più nel concreto. Nel caso si affronti un momento familiare difficile come una separazione bisogna aiutare i bambini a non sentirsi soli e impotenti. Tuttavia proteggerli non significa lasciarli all’oscuro di cosa sta succedendo, ma cercare di dargli le  notizie a seconda dell’età dello sviluppo e non negare ai bambini la possibilità di fare domande poiché le notizie passano anche se noi adulti cerchiamo di nasconderle.

 La cosa più difficile per i bambini è vedere i genitori preoccupati, ma non è né giusto né buono nascondere le proprie emozioni e allora si può provare a dire “sì è un momento difficile ma stiamo lavorando per affrontare questo problema e ne usciremo più forti di prima”. Questo fa sentire il bambino compreso nel suo disagio, nelle sue paure e confortato perché sa che c’è un adulto di riferimento (solitamente un genitore) su cui può contare e che non nasconde come si sente senza però caricare il figlio dei propri problemi e delle proprie emozioni

A volte nei momenti difficili come la separazione ci si chiede se è giusto passare ancora momenti insieme, se è giusto assecondare i desideri dei figli di dormire dalla mamma o dal papà, si ha paura di provocare disagio ai figli e ci si sente di sbagliare qualsiasi scelta facciamo.

Questo accade spesso perché si pensa più al che cosa che al “come”. È il come che spesso fa la differenza. A volte si pensa che se facciamo la cosa giusta, che tra l’altro, personalmente, sospetto non esista, allora abbiamo fatto bene. Purtroppo non funziona così. Infatti quello che facciamo incide sugli altri, in special modo sui bambini, per come lo facciamo. Se la mia azione è un’azione sufficientemente regolata nelle emozioni e nelle parole, ossia se il mio tono di voce, le mie parole e i miei gesti sono sotto la mia padronanza e sono espressi con cura e sufficiente gentilezza, allora arriveranno al bambino (al suo sistema nervoso) in maniera funzionale e per me sarà più facile gestire la sua reazione perché mi sentirò più in grado di gestire le mie di emozioni e di reazioni

psicorubricaNessuno può dire a un genitore come comportarsi col proprio figlio, con la propria figlia, ma forse si possono aiutare i genitori a ascoltare con maggiore consapevolezza se stessi, a poter creare con l’ex partner una relazione genitoriale sufficientemente armonica e ad attivare insieme il sistema cooperativo, quel sistema motivazionale (biologico e relazionale, basato sull’attivazione del sistema limbico, il cosiddetto circuito cerebrale delle emozioni) che, come sostiene lo psichiatra Gianni Liotti, ci permette di perseguire congiuntamente un obiettivo comune: si coopera insieme per uno scopo condiviso. In questo caso per il bene della famiglia e dei figli.

Quando si parla di separazione e ci si chiede cosa fare o non fare è bene ricordare che se non esiste più una coppia genitoriale non significa che non esista più una famiglia. Esiste, solo che è diversa da prima

Possono esistere ancora due persone, mamma e papà, che di comune accordo continuano a esercitare la genitorialità e si impegnano a creare uno spazio sicuro e amorevole perché i bambini possano esprimere i loro bisogni, le loro paure e i loro desideri. Esiste ancora uno spazio dove questi bisogni, paure e desideri possono essere accolti e può essere spiegato che sì, è vero, non è più come prima, ma chissà se forse è anche meglio di prima

 

Giada Perini è psicologa, laureata in Psicologia Clinica e riabilitazione e in Filosofia, psicoterapeuta in formazione presso la Scuola di specializzazione Cognitivo-Evoluzionista (ecco come l’abbiamo conosciuta!). A lei abbiamo chiesto di tenere una psicorubrica su Emozioni e Relazioni

Se avete domande, spunti di riflessione, curiosità per la nostra Psicorubrica scrivete a: redazione@badali.news