E’ cresciuta nei boschi di Montescudaio, Viviana Viviani, figlia di un tagliaboschi e cacciatore. Che detta così, se poi pensi pure ai lupi, come fai a non avere subito in mente Cappuccetto Rosso? “Io studio i lupi da 25 anni e li avrò visti da vicino sì e no 10 volte. E ogni volta sono scappati spaventatissimi”. Ma è anche vero che la storia di Cappuccetto Rosso ha un suo fondo di verità, o almeno lo aveva nel Medioevo. “Quando i bambini, anche piccolissimi venivano mandati con le greggi al pascolo. I lupi attaccavano per mangiare ma le pecore in qualche modo si difendevano, scappavano quantomeno, i bambini erano prede più facili. Ma stiamo parlando di condizioni sociali ed economiche completamente diverse da quelle attuali”.

La sua passione per i lupi è nata allora, quando accompagnava il padre nei boschi, “ma il mio intento era veder gli animali e quando compariva un fagiano io e mia sorella lo facevamo scappare prima che potesse sparargli”. E il lupo, tra tutti quegli animali selvatici, era quello più difficile da vedere, affascinante ma quasi mitologico. “Ed è pure, se ci pensiamo, l’unico animale che in tutto il mondo, nella letteratura, nell’immaginario collettivo e nelle tradizioni, ha sempre un’accezione negativa. Persino il serpente in alcune culture ha qualcosa di sacro e di positivo. Il lupo no, lo salvano solo i pellerossa”. A fine anni Novanta Viviana studiava Scienze Naturali all’Università di Pisa. “In quel periodo si sentiva molto parlare del ritorno dei lupi in Valdicecina, in particolare nella riserva di Berignone, a Volterra”. Non ha dubbi: è questo che vuole approfondire. “E’ stato emozionante. Era la prima tesi su questo argomento, il primo studio sulla presenza dei lupi in questa zona, sul primo branco accertato. Ho studiato la loro dieta, per capire come la presenza dei lupi potesse influire sulla fauna selvatica, il loro comportamento”.

Dopo la laurea arrivano un Master a Roma in Conservazione della natura e l’ingresso nella polizia provinciale, insieme a tanti progetti di monitoraggio della presenza di lupi nel territorio. Di questo animale, quindi, ne sa e parecchio. E quando ne parla lo fa con una passione tale da cui si comprende chiaramente l’attenzione che ha messo nello studio delle sue abitudine e della sua reale natura. Di lupi, da un po’ di tempo a questa parte, nelle nostre zone se ne parla e parecchio. E succede soprattutto perché sono aumentati gli avvistamenti. “Come è normale che succeda. Si potrebbe parlare di urbanizzazione del lupo. Sto lavorando proprio adesso ad un progetto di studio del lupo urbano, per capire quanto sia sottoposto a stress e quanto invece possa essere a suo agio anche in un ambiente diverso dal bosco”. Spesso si vede un lupo fuori dal suo habitat naturale, o almeno da quello che noi pensiamo essere il suo habitat, e lo tendiamo ad immaginare malandato, denutrito, sofferente, sperso. “E’ un animale incredibilmente intelligente, con una grande capacità di adattamento. In ambienti urbani può mangiare spazzatura, topi, gatti, nutrie“.

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I BOSCHI DI CAPPUCCETTO ROSSO SONO FINITI, E IL LUPO SI ADATTA A STARE DOVE C’è DA MANGIARE

Ma quanto è normale che i lupi si avvicinino così alle città e ai luoghi frequentati dalle persone? “Era assolutamente prevedibile. Noi siamo abituati, come in Cappuccetto Rosso, a immaginarci che il lupo viva nel bosco più profondo. Ed era così, negli anni Sessanta, quando questo animale era praticamente scomparso. In Toscana ad esempio ne erano rimasti alcuni esemplari sono nel casentino e nel grossetano. Poi negli anni Settanta sono cambiate le leggi ed è stata avviata una politica di tutela. A quel punto la popolazione dei lupi è tornata ad aumentare, pure fuori dai boschi. Dai boschi esce seguendo la fauna selvatica, come noi che andiamo al supermercato per fare la spesa. Il lupo ha un territorio che fino a dieci anni fa era anche molto ampio, 100-120 km quadrati. In quel territorio abita un unico branco e ad ogni cucciolata i lupacchiotti, una volta cresciuti, si allontanano. Vanno altrove a cercar fortuna, come un figlio che va negli Stati Uniti. Quando trova terreno fertile, dove c’è da mangiare e non ci sono altri lupi ad occuparlo, si ferma e mette su famiglia. E’ chiaro che aumentando i lupi, i boschi di Cappuccetto Rosso sono finiti e lui, senza farsi grandi problemi, si adatta dove trova quel che cerca”.La possibilità che incontri un umano cresce in modo esponenziale. Ma quali sono i reali pericoli?

In Italia sono circa 200 anni che non c’è un’aggressione da parte di un lupo ad un  uomo

“E tutti gli episodi segnalati si sono poi rivelati racconti di mitomani o storie inventate”. Questo però, mette in guardia, non significa che non ci sia pericolo. Si tratta di un animale selvatico e tutti sappiamo bene che l’animale selvatico non va avvicinato. Voi vi avvicinereste mai a un tasso? “Ci sono tanti episodi di persone ferite dai cinghiali. Figuriamoci che qui stiamo parlando di un carnivoro, grande e con le zanne”. La regola è una: non avvicinarsi. Mai. “E mai lasciargli da mangiare. Un comportamento gravissimo e scellerato perché provoca confidenza. Ma non è un cane. O tenere sciolti i propri cani in ambienti dove è stata rilevata la presenza di questo animale, come in pineta a Marina. Che poi i cani sciolti non dovrebbero mai stare se non in ambienti loro dedicati”.

lupi in costa degli etruschiA proposito di cani. Si sente spesso dire che “quelli non sono lupi ma ibridi”. “Ci sono sicuramente degli incroci tra lupo e cane, ma non sono così diffusi e comuni come si pensa. Ovviamente basta che succeda una volta e da quella cucciolata nasceranno animali che tramanderanno il gene del cane all’interno della specie, mettendo tra l’altro a rischio la sua conservazione. Il lupo ad oggi resta un animale in via di estinzione, nonostante il trend positivo di crescita, e questi incroci potrebbero rappresentare un problema. Solitamente si tratta di cani pastore lasciati vagare che trovano una lupa in calore, quindi sarebbe risolvibile con una maggiore attenzione”.

DOVE SONO I LUPI NELLA COSTA DEGLI ETRUSCHI? OVUNQUE!

Parliamo della nostra zona, della Costa degli Etruschi e della Valdicecina. Dove stanno i lupi? “Vent’anni fa la risposta sarebbe stata facile e ben documentata: un branco a Monterufoli, uno a Berignone, un altro a Miemo e uno a Caselli. Ora se mi chiedono dove stanno i lupi, rispondo ovunque. I branchi sono meno rigidi di prima, si destrutturano e si frammentano più facilmente, a causa dell’intervento dell’uomo (non sono nuovi casi di avvelenamento o uccisione di lupi)  e della minore ampiezza dei territori disponibili”. La mappatura quindi è presto fatta. “C’è il lupo di Cecina che ha trovato nella pineta di Marina un ambiente comodissimo, soprattutto fuori stagione estiva. Ci sono lupi qui dove abito io, a Montescudaio, zona Colline sono stati ritrovati degli escrementi, che si distinguono bene per le dimensioni e per il loro odore caratteristico, quasi muschiato”. E poi ce ne sono in Val di Cornia, un branco dentro Montioni da sempre. “Lì ci sono greggi e ci sono state diverse segnalazioni di predazioni”. E a San Vincenzo e Castagneto (nel video proprio un branco di Castagneto Carducci). “Uno lo abbiamo radiocollarato e abbiamo visto che girava tra la riserva di Caselli, la Magona e San Biagio, sotto al Castiglioncello di Bolgheri”. Sono ovunque anche perché i lupi si muovono molto: possono fare anche 10-15 km in un giorno. “Immaginate che il territorio di un branco possa essere un quadrato di 10 km per 10 km. E ce ne stanno in 5 o 6”.

Vederli, come detto, non è comunque così facile. Sentirli lo è di più. Ululano per comunicare la loro presenza agli altri branchi e per marcare il territorio. “Solitamente per accertarne la presenza si utilizza un ululato registrato. E se vogliono, a volte, rispondono. Io in due anni di appostamenti non ne ho mai fotografato uno. E’ vero anche che non c’erano le fototrappole. Ma il fascino di questo animale sta anche qui. Si muovono di notte, non si vedono ma ci sono e lo so perchè mi rispondono con l’ululato. E quando succede è un’emozione unica”.