vincenzo lipariStation Gallery 923 è la sintesi delle tante anime (e vocazioni) di Vincenzo Lipari. Ma è quanto di più lontano da un punto di arrivo. “Da bambino, a chi mi chiedeva cosa volessi fare da grande, rispondevo: archeologo, cuoco o pittore. Eccomi qui. Station Gallery è un ristorante ma anche un luogo in cui posso esprimere tutta la mia passione per l’antiquariato e la ricerca. Ed è una galleria”. Tappa dell’intenso viaggio nell’arte che Lipari ha iniziato partendo dalla pittura per approdare, oggi, al digitale. Tecnologia utile che regala “velocità e libertà di espressione”. “Adesso posso creare e disegnare quando e dove voglio. Il mio studio? In pratica non esiste più, è diventato un deposito, un archivio. Il digitale è come un missile per percorrere la solita strada”.

vincenzo lipariMa oltre lo strumento c’è il contenuto. Le opere di Lipari (che a breve esporrà a Padova) sono scatole luminose, led-box concepite e prodotte in digitale. E l’ultimo progetto usa il pop come strumento per recuperare la classicità. Obiettivo: ricordare, ribadire, affermare l’importanza, anzi l’urgenza di non perdere il nostro codice di provenienza. “La Monnalisa, la Dama con l’ermellino, Ercole a riposo, il Pugile del Quirinale… sono tutte immagini patrimonio del mondo. La sfida è ricontestualizzarli, renderli accessibili a tutti e allo stesso tempo rendere evidente che rappresentano il nostro know out”.

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Il progetto si chiama “Rai – Recupero Artistico Italiano”. Lo scopo è tramandare un codice estetico identificativo culturale attraverso l’uso di nuovi mezzi tecnologici. “Noi siamo abituati alla bellezza ma dobbiamo ritrovare quel codice che è da sempre simbolo di eleganza, potere, portatore di un valore umano ed etico che oggi più che mai deve essere opposto alla grande confusione prodotta dalla globalizzazione. L’arte buia del dolore affascina e tende a prevalere. Io cerco luce, colore e forme che alleggeriscano e arricchiscano l’animo. La bellezza che si contrappone al senso di disagio”.

vincenzo lipariUna ‘poetica’ che nasce dal passato. “Quando ero piccolissimo c’è stato il terremoto nel Belice e noi eravamo sfollati. Una sera, avrò avuto due anni e mezzo, fu allestito un grande telo bianco per proiettare un film. Quel contrasto tra l’oscurità e la luce, le sagome sdraiate a terra, mi hanno impressionato per sempre. Il senso di magia mi è rimasto dentro”. E ancora: l’arrivo in Toscana. Prima tappa: il senese. “Ricordi bellissimi. Era come stare all’interno di una cartolina vissuta, condita ogni giorno da una libertà totale. La mia formazione: il paesaggio ma anche Don Gino che ci lasciava giocare a dama, a biliardino ma ci portava anche a pulire le pievi del 1200”. Colori, profumi, arte quotidiana e spontanea. Poi l’arrivo a Castelnuovo della Misericordia. I corsi con artisti di primo piano che hanno arricchito il bagaglio già forte di Lipari. Anche oggi è così, in ogni espressione artistica di Vincenzo Lipari, c’è il passato, lo sguardo solido sul presente, la spinta non effimera verso il futuro.

vincenzo lipariAnche nelle opere più provocatorie come la tela firmata con il sangue pensata e voluta per far riflettere sull’uso e abuso degli Nft-Non Fungible Token, venduti a peso d’oro, nuova discussa frontiera dell’arte e del collezionismo. Anche nella sua Station Gallery che ormai è diventata casa.