Una telefonata, e nulla è come prima. Ci sono squilli che segnano un confine tra il prima e il dopo. E quando succede ne ricordi ogni dettaglio, dov’eri, chi avevi davanti. La telefonata che ha cambiato la vita di Lara, e di suo marito Gianni, e soprattutto di Ginevra, loro figlia, è arrivata il 5 dicembre 2013. Lara è dai carabinieri, Gianni a fare la spesa. “Abbiamo un fegato per sua figlia”. Sono le 17. Alle 19.30 tutti e tre si imbarcano sull’aereo della Presidenza del Consiglio dall’aeroporto militare di Grosseto alla volta di Palermo dove, il giorno dopo, a Ginevra viene fatto il trapianto di organo che le salva la vita.

Lara ha scritto alla redazione di Badalì e ci ha chiesto di raccontare questa storia. Perchè non ha mai smesso di combattere per la ricerca sulle malattie rare, come quella che ha colpito sua figlia, per diffondere la cultura della donazione degli organi, per sostenere le famiglie che si trovano a vivere quello che ha vissuto la sua.
E per noi è un piacere, e un onore, poterla raccontare.

“Atresia delle vie biliari”.

Un nome sconosciuto ai più, probabilmente lo è pure per molti medici. E’ una malattia rara, rarissima. Ma soprattutto può essere una condanna. Ginevra oggi ha 12 anni, è una bellissima e sorridente ragazzina bionda, che fa sport e vive come le sue coetanee. Ci sono una cicatrice sulla pancia e i controlli da fare regolarmente a ricordarle quello che ha dovuto affrontare quando era piccolissima. E’ mamma Lara a spiegarci cos’è questa malattia, e lo fa con parole precise, scientifiche, di una che ha parlato con così tanti medici da saperne quasi quanto loro. E la prima cosa che dice è quella che fa più paura: “Causa un danno grave del fegato per l’accumulo di bile. Nella totalità dei casi, ad oggi, se non si interviene chirurgicamente, è mortale”.

Lei, il nome Atresia delle vie biliari, l’ha sentito la prima volta quando Ginevra aveva poco più di 10 giorni. Non c’era niente di visibile, niente che non andasse nei suoi organi, nè prima nè dopo la nascita. L’ittero, che tanti neonati hanno, a Ginevra però non passava. Oltre i dieci giorni non è più fisiologico. Gli esami erano compremessi, la conferma che qualcosa non va. “La fortuna è stata che eravamo a Pisa e ci hanno indirizzato a un gastroenterologo che adesso è primario al Bambin Gesù di Roma, il professor Maggiore. Che ha capito di cosa si trattava e ci ha indicato l’unica via”. Si chiama Intervento di Kasai e permette di ricostruire una via di drenaggio per far uscire la bile dal fegato e arrivare nell’intestino. “Non è risolutivo. Ma concede del tempo. Ginevra aveva 53 giorni quando ha subito questo intervento e noi avevamo assolutamente bisogno di tempo”. Purtroppo spesso questa malattia non viene diagnosticata in tempo. “L’intervento va fatto entro i primi tre mesi, e consente al bambino di arrivare all’età per affrontare un trapianto in sicurezza”.

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Fino a 4 anni Ginevra ha avuto una crescita normale, poi sono tornati i problemi. Ha iniziato a deperire, il tempo era finito. A quel punto l’unica soluzione era il trapianto di fegato. “Abbiamo iniziato le procedure per la donazione da vivente, per capire se noi genitori eravamo compatibili. E intanto a Palermo, dove era ricoverata, l’hanno messa in lista per il trapianto, lista che per i bambini è nazionale”.

E’ STATA MESSA IN LISTA TRAPIANTI, E IL GIORNO STESSO CI HANNO CHIAMATO CHE C’ERA L’ORGANO

Ginevra con i volontari dell'AidoIl 6 dicembre del 2013 la famiglia di Ginevra era appena tornata a casa, a Venturina, dalla Sicilia. Lara era a prendere la figlia piccola al nido quando la avvertono che è ufficialmente in lista. Che ora si tratta di aspettare. E sperare. “Sono andata subito dai carabinieri perchè una mamma di un bambino già trapiantato mi aveva consigliato di avvisarli, perchè in caso di chiamata ci avrebbero potuto scortare all’aeroporto”. E Lara era proprio lì, di fronte a un carabiniere, spiegando che quando sarebbe arrivata la chiamata avrebbero avuto bisogno di aiuto, che non c’era tempo da perdere. “E mi hanno chiamato proprio in quel momento. Non dimenticherò mai la sua espressione. Io ero al telefono con la prefettura per l’organizzazione del volo. Al padre di Ginevra lo ha detto quello stesso carabiniere, lo ha chiamato mentre era al supermercato, ricordo che io gli urlavo ‘muoviti, muoviti’“. Una pattuglia li aspettava sotto casa, a Grosseto ne hanno trovata un’altra che li ha scortati all’aeroporto. “Sono stati tutti angeli, un’esperienza tremenda ma siamo sempre stati accompagnati da tanto amore e non smetterò mai ringraziare tutti”.

La mattina dopo Ginevra entra in sala operatoria. “Fino all’ultimo non abbiamo avuto la certezza che andasse bene quel fegato”. E invece sì. Cinque mesi di degenza, tante complicazioni, “ma poi tutto si è miracolosamente aggiustato”. Forse non se ne parla abbastanza. Forse non è mai abbastanza quando si parla dell’importanza di donare. “Quel fegato non ha ‘allungato’ una vita, ha dato la possibilità a Ginevra di averla una vita”. Ci sono alcune informazioni che la legge consente di sapere sul donatore: il dono è arrivato da un ragazzo di 18 anni, una vita interrotta improvvisamente che però, grazie alla scelta della sua famiglia, ha dato una possibilità ad una bambina.

FORSE NON SI PARLA ABBASTANZA DI DONAZIONE DI ORGANI, DI QUANTA DIFFERENZA PUO’ FARE PER UNA PERSONA, E  PER UN BAMBINO

“Noi abbiamo beneficiato di battaglie fatte da altre, che ci sono passati prima di noi. E altri beneficeranno delle nostre. Mi sono battuta affinchè la Regione Toscana prevedesse un rimborso spese per le famiglie che devono andare fuori per il trapianto pediatrico. E adesso c’è una legge”. Ci sono dei gruppi di auto aiuto tra genitori, fondamentali per affrontare la notizia, all’inizio, e poi tutto il percorso. E c’è un’associazione, Amei Italia, che in particolare si occupa di sensibilizzare rispetto a queste malattie rare, e a tutte le malattie epatiche infantili, e a sollecitare gli investimenti nella ricerca, perché dell’Atresia delle vie biliari si sa ancora poco, troppo poco. E ora vorrebbe aprire una sezione anche qui, in Toscana, dove ci sono una decina di casi solo di questa malattia. Lara racconta ed è come un fiume in piena, non nasconde dettagli, nè emozioni. Perchè lo fai? “Perchè tutti devono sapere, capire, quanta differenza può fare quella scelta”.