I peperoncini di peperitaRita Salvadori è un concentrato di vitalità. Parla, racconta, trasmette energia ed entusiasmo. La frase che mi ha colpito di più della nostra chiacchierata va indietro nel tempo fino all’inizio della sua storia d’amore col peperoncino: “Che mondo buffo, mi sono detta”. E da lì è scattata la ricerca che ha portato a “Peperita”.

La passione per la terra è una questione di famiglia. “Ero concentrata sull’arte, frequentavo l’Accademia di Milano. Ma sin da piccola ho sempre amato il contatto con la natura, l’orto, mi piaceva seminare e vedere cosa cresceva. Quando il mio babbo comprò il podere dove adesso c’è l’azienda (“I Doccioni” a Bibbona) gli dissi: ‘Guarda babbo, 5 ettari me li puoi lasciare a me invece di piantarci gli olivi? I peperoncini di PeperitaL’idea era quella di creare ed esporre opere d’arte, installazioni, era più un’idea astratta, un sentimento che un vero progetto. Io non amavo il peperoncino a quel tempo, non lo usavo mai. Ma era qualcosa che mi intrigava, anche per il fatto che fosse legato a un qualcosa anti-sfiga, come il cornetto napoletano. C’era anche un’immagine: gli uomini che al sud danno un morso al pane e uno al peperoncino. Mi ritrovai un giorno a fare un quadro: con un punteruolo graffiai la tela e poi scrissi la frase ‘il peperoncino fa bene all’anima e alla mente’”. Fu l’incontro con Massimo Biagi, esperto, ad aprire definitivamente la porta. “Iniziai a capire che esistevano diverse varietà, piccantezze, forme, colori. Che ci sono peperoncini che arrivano dall’India, America, Sud America, Africa, Cina.. Tutti li utilizzano ma nessuno li conosce veramente. Un modo buffo”.

I peperoncini di PeperitaDa questa scoperta sono arrivate le prime 600 piante. “Riempivo tutto il magazzino di peperoncini, non sapevo dove metterli. Era difficile lavorali, bruciavano gli occhi. Facevo marmellate, paté, li seccavo, riempivo secchi, sperimentavo ricette”. La curiosità si è nutrita di queste prime esperienze fino ad arrivare a 80mila piante e 8 ettari: i peperoncini di Peperita. “I miei viaggi sono in funzione del peperoncino. Sono stata in Spagna, Francia, Ungheria… Mi manca il Messico. E anche i miei amici mi portano semi da tutto il mondo. Non ho un preferito. Va in base all’umore: quando gli altri sentono il bisogno di mangiare la cioccolata, io vado sui superpiccanti. Nei momenti in cui c’è bisogno di maggiore tenerezza, mi butto invece sui saporiti ma poco piccanti. E abbondo”.

PER ME E’ IN BASE ALL’UMORE: QUANDO GLI ALTRI SENTONO IL BISOGNO DI CIOCCOLATA, IO VADO SUI SUPERPICCANTI

Rita il peperoncino lo usa sempre a fine cottura: “Per me non sta in cucina ma sul tavolo. E quando vado fuori me lo porto dietro. Ho ‘inventato’ un borsellino che I peperoncini di Peperitacontiene 10 fialette con peperoncini diversi. Il peperoncino aiuta a usare meno sale, meno zucchero, stimola di più la percezione di quello che si mangia oltre a fare estremamente bene a livello di salute”.

Ma dipende tutto da come si coltiva e produce: “Un nostro punto di forza è il progetto lombrichi. Il lombrico è ‘la mucca che sta sotto terra’, che mangia e trasforma tutto in humus. E’ un formidabile spazzino capace di riportare e mantenere in equilibrio il terreno. In ogni pianta noi mettiamo un etto e mezzo di humus di lombrico. Quest’anno abbiamo dato un ulteriore impulso a questo aspetto”. E nel corso del tempo “Peperita” è cresciuta: 4 persone in laboratorio, 3 in ufficio, 17 varietà, 2 punti vendita, uno a Castagneto (aperto nel 2008, ‘arredato’ con le bellissime foto – che trovate anche nel nostro articolo – di Viktoria Budko) e uno a Volterra. “Ho sempre creduto nella vendita diretta del prodotto agricolo. Adesso, però, abbiamo anche lo shop on line e stiamo lavorando molto bene anche su questo fronte”.

I peperoncini di PeperitaUnico rammarico di questa vita così piccante è il ‘ciaone alla parte artistica”. Un ‘ciaone’ che non è un addio, però: “Devo dire che nel frattempo l’arte è cambiata. Non esiste più il quadro da ammirare attaccato alla parete, l’arte ora si deve toccare. Ammetto che il design mi attrae, mi piacerebbe affrontare un nuovo modo di fare arte. E probabilmente lo farò. Sì, ci sto pensando…”.